sabato 23 luglio 2011

All'ombra della città metropolitana

Il Carlino Bologna del 23 luglio 2011 dà conto di una polemica tra la presidente della provincia Draghetti e il sindaco di Bologna Merola, a proposito del progetto di città metropolitana. Quello che però agli occhi del lettore può apparire come un diverso modo di intendere l'attuazione di questo progetto di cui si dibatte da almeno 20 anni, sottindende secondo alcuni osservatori interni una lotta sotterranea per i futuri scenari di riposizionamento interni al PD. Il tema della città metropolitana è stato oggetto di numerosi articoli scritti dal sindaco di San Lazzaro per lo stesso Carlino, quotidiano che da sempre ha un'attenzione speciale per Macciantelli (molti cittadini continuano a chiedersi il perché). Ora però l'onnipresente sindaco di San Lazzaro secondo alcuni sarebbe stato messo ai margini di questo dibattito: Beatrice Draghetti, favorita nel 2004 da Romano Prodi alla corsa a presidente della provincia, e riconfermata nel 2009 (con notevole fastidio, così pare, di Macciantelli che già nel 2004 aspirava al ruolo poi occupato dalla Draghetti), porta avanti una battaglia che riunisce il versante prodiano, uscito ammaccato e ridimensionato dalle poco edificanti vicende dell'ex sindaco Delbono, pupillo del Professore Romano Prodi. Dal canto suo Merola, che anche dai detrattori nel suo stesso partito era dipinto come fantoccio privo di personalità e al servizio di personaggi e interessi più in alto di lui, non ha alcuna intenzione di tenersi fuori da una partita che è solo all'inizio. Quello che sta lasciando sorpresi anche i suoi nemici interni, è che lo stesso Merola non perde tempo - lo stesso ex sindaco di San Lazzaro, avv. Bacchiocchi, lo testimonia in un articolo apparso sempre il 23.07.2011 sul carlino - , e la stagione delle gaffes in campagna elettorale sembra ormai un lontano ricordo (e magari non erano nemmeno così involontarie), mentre di vere e proprie figuracce a livello politico-istituzionale il sindaco di San Lazzaro ne ha collezionate così tante che perfino nel suo partito c'è chi si chiede se sia stato un buon affare dargli la poltrona di una città comunque importante, o se non sarebbe stato meglio lasciargli l'assessorato alla cultura in provincia, dove comunque i danni sarebbero stati limitati a quell'ambito. Quello che è certo, secondo alcuni, è che non basterà più qualche articolo o qualche intervista pilotata rilasciata al Carlino per accreditarsi come futuro sindaco della città metropolitana. Come sostenitori Macciantelli si ritroverebbe molto probabilmente (e solamente?) l'ex capogruppo in consiglio comunale di FI, Maurizzi, e l'attuale consigliere indipendente nel PDL, Noacco. Prima però quest'ultimo deve pensare a difendersi dalle pesanti accuse di illeciti urbanistici che lo hanno raggiunto (ovviamente la difesa di Maurizzi verso Noacco è stata la più immediata e solerte, non v'era da dubitarne). Poi sarà possibile approvare nuovi regolamenti urbanistico-edilizi e nuovi POC tutti assieme allegramente. E se qualche cittadino o consigliere comunale dovesse segnalare situazioni pericolose per la salute (amianto), li si potrà tutti assieme tacciare di "procurato allarme".

giovedì 14 luglio 2011

AGRIPOLIS, LA SENTENZA INTEGRALE

Pubblichiamo di seguito il testo integrale della sentenza sul caso AGRIPOLIS, emessa dalla Corte dei Conti il 26 gennaio 2011 e depositata il 27 maggio 2011. Di quella vicenda si è discusso ampiamente, anche se la notizia della sentenza definitiva è stata data dalla stampa in modo molto sbrigativo, e i protagonisti della vicenda hanno usato toni trionfalistici che probabilmente avrebbero potuto trattenere per un'altra occasione. Per carità, non che essi non avessero da festeggiare: tra prescrizione e assoluzione (da colpa grave), i responsabili di questa grottesca vicenda possono dirsi a posto con la giustizia amministrativa. Resta il fatto di per sé increscioso di ben due delibere con le quali si sono pagate spese legali a ex amministratori locali imputati in procedimenti penali relativi a società pubbliche del cui cda facevano parte. La Corte dei Conti, quando è potuta entrare nel merito della questione - in quanto una serie di atti è caduta sotto la mannaja della prescrizione -, ha escluso la colpa grave degli amministratori, ma ha affermato di non potersi escludere una colpa lieve, tale comunque da compensare le spese di giudizio. Non siamo esperti di legge ma ci par di capire che l'operato degli amministratori locali è stato attentamente vagliato dalla Corte, la quale avrebbe potuto rimettere completamente le spese del giudizio alla Procura Regionale, e invece ha ritenuto di compensarle (ossia, ognuno ha pagato per sé). Resta il giudizio politico, ma quello pare ormai chiaro. L'acredine con cui il Sindaco ha risposto a diverse interrogazioni in consiglio comunale lascia intendere che forse chi le ha presentate ha colpito nel segno. Altrettanto può dirsi per quei consiglieri di opposizione e tutt'ora membri del gruppo PDL, che sono stati convenuti in questo giudizio contabile: ancora una volta hanno confermato l'immagine plastica presentata dalla stampa come "soccorso azzurro".

Dal sito della Corte dei Conti (in fondo sono evidenziati i passaggi relativi ad assoluzione, prescrizione, colpa grave e colpa lieve):

SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
EMILIA ROMAGNA Sentenza 264 2011 Responsabilità 27-05-2011

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DEI CONTI

SEZIONE GIURISDIZIONALE REGIONALE

PER l’EMILIA-ROMAGNA

composta dai seguenti magistrati:

dott. Luigi Di Murro Presidente

dott. Marco Pieroni Consigliere relatore

dott.ssa Rosalba Di Giulio Consigliere

Visto l’atto di citazione in data 19 maggio 2010;

Visti gli altri atti di causa;

Uditi nella pubblica udienza del 26 gennaio 2011, con l’assistenza del Segretario dott.ssa Nicoletta Natalucci, il consigliere relatore dott. Marco Pieroni, gli avv. Giuseppe Giampaolo, Mariachiara Giampaolo, Alessandro Baschieri, Franco Oliva, Federico Gualandi, Fabio Dani, Silva Gotti, Nazzarena Zorzella, in difesa dei convenuti nonché il Pubblico ministero nella persona del Procuratore regionale dott. Ignazio Del Castillo;

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul giudizio di responsabilità, iscritto al n. G42532, instaurato dal Procuratore regionale nei confronti di BACCHIOCCHI Aldo, nato il 28/04/1939, residente in San Lazzaro di Savena, via S. Ruffillo, n. 10/F, rappresentato e difeso dagli avv. Giuseppe Giampaolo, Mariachiara Giampaolo; MAGAROLI Nino, nato il 07/05/1948, residente a in San Lazzaro di Savena, via Spinelli n. 2, rappresentato e difeso dall’avv. Fabio Dani; LABANTI Angelo, nato il 01/08/1937, residente in San Lazzaro di Savena, via dei Gelsi, n. 17, rappresentato e difeso dall’avv. Fabio Dani; PASQUI Michele, nato il 31/07/1970, residente in San Lazzaro in Savena, via Edera, n. 14, rappresentato e difeso dall’avv. Fabio Dani; ROSATO Edda, nata il 01/01/1950, residente in San Lazzaro di Savena, via Iussi, n. 23, rappresentato e difeso dall’avv. Fabio Dani; ARIATTI Gabriele, nato il 24/03/1950, residente in San Lazzaro di Savena, via Idice, n. 12/C, rappresentato e difeso dall’avv. Alessandro Baschieri; CRINI Silvano, nato il 10/04/1946, residente in San Lazzaro di Savena, via Torino, n. 6, rappresentato e difeso dall’avv. Fabio Dani; CALABRI M. Luisa, nata il 15/06/1935, residente in San Lazzaro di Savena, via Pilati, n. 15, rappresentata e difesa dall’avv. Fabio Dani; SOVERINI Angela, nata il 02/04/1962, residente in San Lazzaro di Savena, via Scornetta, n. 9, rappresentato e difeso dall’avv. Fabio Dani; MARCACCIO Marco, nato il 17/10/1969, residente in Castenaso, via Einstein, n. 27, rappresentato e difeso dall’avv. Fabio Dani; GOVONI Luca, nato il 14/08/1965, residente in San Lazzaro di Savena, via Don Minzoni, n. 53, rappresentato e difeso dall’avv. Fabio Dani; BOVINA Luca, nato il 13/07/1962, residente in San Lazzaro di Savena, via Gramsci, n. 1, rappresentato e difeso dall’avv. Fabio Dani; FENATI Claudio, nato il 16/12/1963, residente in Bologna, via San Mamolo, n. 56, rappresentato e difeso dall’avv. Fabio Dani; RIGHI Nerio, nato il 08/08/1956, residente in San Lazzaro di Savena, via Montefiorino, n. 3, rappresentato e difeso dall’avv. Fabio Dani; BALLOTTA Roberta, nata il 01/07/1946, residente in San Lazzaro di Savena, via Martiri delle Foibe, n. 1, rappresentata e difesa dall’avv. Franco Oliva; CONTI Isabella, nata il 19/07/1982, residente in Ozzano dell’Emilia, via Deledda n. 5, rappresentata e difesa dall’avv. Franco Oliva; FUSAI Corrado, nato il 23/07/1959, residente in San Lazzaro di Savena, via Minarini, n. 1/F, rappresentato e difeso dall’avv. Franco Oliva; MELOTTI Patrizia, nata il 23/05/1961, residente in San Lazzaro di Savena, via Rosa, n. 5/b, rappresentata e difesa dall’avv. Fabio Dani; DI SALVO Antonietta, nata il 05/10/1965, residente in San Lazzaro di Savena, via Spinelli, n. 3, rappresentato e difeso dall’avv. Fabio Dani; MENGOLI Giuliano, nato il 02/07/1950, residente in San Lazzaro di Savena, via San Lazzaro, n. 19, rappresentato e difeso dall’avv. Fabio Dani; CAVALLARO Michele, nato il 01/02/1963, residente in San Lazzaro di Savena, via Martiri delle Foibe, n. 11, rappresentato e difeso dall’avv. Fabio Dani; NOACCO Aldo, nato il 25/05/1951, residente in San Lazzaro di Savena, via Bertelli, n. 9, rappresentato in proprio; MACCIANTELLI Marco, nato il 08/02/1956, residente in Bologna, via Massa Carrara, n. 2, rappresentato e difeso dall’avv. Franco Oliva; MINARELLI Valerio, nato il 28/10/1953, residente in San Lazzaro, via Resistenza n. 7, rappresentato e difeso dall’avv. Fabio Dani; SANGIORGI Elisa, nata il 29/07/1975, residente in Bologna, via Goito, n. 16, rappresentato e difeso dall’avv. Fabio Dani; LUNGARELLA Raffaele, nato il 29/03/1952, residente in San Lazzaro di Savena, via Mattarella, n. 1, rappresentato e difeso dall’avv. Fabio Dani; SCHIAVINA Claudio, nato il 30/10/1952, residente in San Lazzaro di Savena, via Galletta, n. 48/d, rappresentato e difeso dall’avv. Fabio Dani; MAURIZZI Omer, nato il 24/12/1964, residente in Bologna, via Croara, n. 3, rappresentato e difeso dall’avv. Fabio Dani; D’ALESSANDRO Andrea, nato il 21/02/1965, residente in San Lazzaro di Savena, via Palazzetti, n.12/g, rappresentato e difesa dall’avv. Silva Gotti; BIONDI Alessandra, nata il 12/04/1961, residente in Monte San Pietro, via Danielli, n. 3, rappresentata e difesa dall’avv. Federico Gualandi; DELLI Giulietta, nata il 11/12/1964, residente in Bologna, via De’ Gombruti, n. 4, rappresentata e difesa dall’avv. Nazzarena Zorzella.

Ritenuto in fatto

1. – Con atto di citazione n. 42532 del 19 maggio 2010, la Procura regionale della Corte dei conti presso la Sezione giurisdizionale per l’Emilia Romagna ha convenuto in giudizio i signori BACCHIOCCHI Aldo, nato il 28/04/1939, MAGAROLI Nino, nato il 07/05/1948, LABANTI Angelo, nato il 01/08/1937, PASQUI Michele, nato il 31/07/1970, ROSATO Edda, nata il 01/01/1950, ARIATTI Gabriele, nato il 24/03/1950, CRINI Silvano, nato il 10/04/1946, CALABRI M. Luisa, nata il 15/06/1935, SOVERINI Angela, nata il 02/04/1962, MARCACCIO Marco, nato il 17/10/1969, GOVONI Luca, nato il 14/08/1965, BOVINA Luca, nato il 13/07/1962, FENATI Claudio, nato il 16/12/1963, RIGHI Nerio, nato il 08/08/1956, BALLOTTA Roberta, nata il 01/07/1946, CONTI Isabella, nata il 19/07/1982, FUSAI Corrado, nato il 23/07/1959, MELOTTI Patrizia, nata il 23/05/1961, DI SALVO Antonietta, nata il 05/10/1965, MENGOLI Giuliano, nato il 02/07/1950, CAVALLARO Michele, nato il 01/02/1963, NOACCO Aldo, nato il 25/05/1951, MACCIANTELLI Marco, nato il 08/02/1956, MINARELLI Valerio, nato il 28/10/1953, SANGIORGI Elisa, nata il 29/07/1975, LUNGARELLA Raffaele, nato il 29/03/1952, SCHIAVINA Claudio, nato il 30/10/1952, AURIZZI Omer, nato il 24/12/1964, D’ALESSANDRO Andrea, nato il 21/02/1965, BIONDI Alessandra, nata il 12/04/1961, DELLI Giulietta, nata il 11/12/1964.

In particolare, la Procura chiede la condanna, in parti uguali, al risarcimento del danno, arrecato con la deliberazione n. 72/2003 di riconoscimento di debito fuori bilancio pari a euro 99.637,96, oltre a interessi e rivalutazione monetaria, a carico del sindaco BACCHIOCCHI, dei consiglieri comunali MAGAROLI, LABANTI, PASQUI, ROSATO, ARIATTI, CRINI, CALABRI, SOVERINI, MARCACCIO, GOVONI, BOVINA, FENATI, RIGHI, MINARELLI, SANGIORGI, LUNGARELLA, SCHIAVINA, MAURIZZI e D’ALESSANDRO, in qualità di consiglieri comunali che parteciparono con voto favorevole all’approvazione della citata deliberazione del Consiglio comunale n. 72/2003, nonché della dirigente DELLI che ebbe ad esprimere parere di regolarità tecnica sulla deliberazione stessa.

La Procura chiede inoltre la condanna, in parti uguali, al risarcimento del danno, arrecato con la deliberazione n. 41/2006 di riconoscimento di debito fuori bilancio pari a euro 37.093,32, oltre a interessi e rivalutazione monetaria, a carico dei consiglieri comunali BALLOTTA, CONTI, FUSAI, MELOTTI, DI SALVO, MENGOLI, CAVALLARO, NOACCO, MACCIANTELLI, MINARELLI, SANGIORGI, LUNGARELLA, SCHIAVINA, MAURIZZI e D’ALESSANDRO, in qualità di consiglieri comunali che parteciparono con voto favorevole all’approvazione della deliberazione n. 41/2006 e alla dirigente DELLI che ha espresso parere di regolarità tecnica sulla deliberazione stessa.

Conclusivamente la Procura richiede il risarcimento del danno, oltre agli interessi e rivalutazione, di euro 71.664,85 alla dirigente BIONDI, di euro 7.062,99 alla dirigente DELLI (che espresse pare di regolarità tecnica per entrambe le delibere citate), di euro 4.744,66 al sindaco BACCHIOCCHI, ai consiglieri MAGAROLI, LABANTI, PASQUI, ROSATO, ARIATTI, CRINI, CALABRI, SOVERINI, MARCACCIO, GOVONI, BOVINA, FENATI, RIGHI e di euro 7.062,99 ai consiglieri MINARELLI, SANGIORGI, LUNGARELLA, SCHIAVINA, MAURIZZI e D’ALESSANDRO (che parteciparono alla votazione di entrambe le delibere citate).

2. – Risulta dagli atti che, con delibera n. 41 del 27/06/2006, il Consiglio Comunale del Comune di San Lazzaro di Savena ha riconosciuto come debito fuori bilancio il pagamento di euro 37.093,92 a titolo di rimborso di spese legali per la difesa dell’ex sindaco Parisi Sonia coinvolta, in qualità di componente del consiglio di amministrazione della Società Agripolis, in un procedimento penale. In risposta alla prima richiesta istruttoria formulata dalla Procura il segretario generale del Comune di San Lazzaro di Savena evidenziava che la “causa Agripolis […] è stato oggetto di separati procedimenti sia presso la giurisdizione contabile che presso quella penale e che l’Ente dispone di una apposita polizza assicurativa di tutela legale che include tra gli assicurati gli amministratori del Comune (Sindaco, Assessori e Consiglieri).” Precisava l’amministrazione che “a motivo del numero di amministratori coinvolti, delle sedi giurisdizionali e dei gradi di giudizio occorsi, i costi delle spese rifuse sono state solo in parte compensate dall’indennizzo dell’assicurazione”.

Essendo noto che i giudizi davanti alla Corte dei conti relativi alla vicenda Agripolis si erano conclusi in sede di appello con l’assoluzione dei convenuti, ma con la compensazione delle spese di entrambi i gradi di giudizio, la Procura chiedeva conferma del rimborso delle spese legali anche per tali giudizi e l’invio di tutta la documentazione relativa al pagamento di tutte le spese legali per i giudizi davanti alla Corte dei conti e in sede penale. La documentazione prodotta dal Comune evidenziava che per il pagamento di spese legali relative a due amministratori coinvolti nel giudizio penale il Consiglio comunale con deliberazione n. 72 del 25/11/2003 aveva già provveduto a riconoscere un debito fuori bilancio di euro 99.637,96.

Dall’istruttoria della Procura regionale è emerso il quadro dei pagamenti disposti dal Comune per spese legali che di seguito si riporta: 1) con deliberazione n. 1351 del 18/12/1995 la Giunta comunale, a seguito di inviti a dedurre notificati dalla Procura regionale della Corte dei conti ad alcuni amministratori dell’Ente, affidava la difesa degli stessi ad uno studio legale, assumendo un primo impegno di spesa di lire 10.000.000 sul capitolo 1058, somma che sarebbe stata successivamente richiesta in ristorno alla compagnia assicurativa, non prevedendo la polizza il pagamento direttamente ai legali, ma solo il rimborso all’Ente; con determinazione n. 584 del 23/05/2000 la dirigente BIONDI Alessandra, a seguito della sola sentenza di primo grado emessa dalla Sezione giurisdizionale dell’Emilia Romagna, decideva di liquidare, parzialmente, le spese legali per la difesa di alcuni consiglieri per un importo di lire 30.000.000 su un totale di fattura di lire 34.982.900. Per mancanza di fondi, si rimandava il pagamento dei restanti lire 4.982.900 ad un successivo atto; con determinazione n. 1447 del 20/10/2000 la stessa dirigente provvedeva ad aumentare l’impegno di spesa per i giudizi davanti alla Corte dei conti, di ulteriori lire 268.753.638, ripartendoli sugli interventi 1073 capitolo 24 “Prestazioni professionali” e intervento 1078 cap.4/0 “Oneri straordinari per legali patrocinatori”. A seguito dell’impegno, e prima della liquidazione, con proprio atto n. 512/2001, la dirigente BIONDI richiedeva un parere legale per superare la decisione delle Sezioni riunite della Corte dei conti n. 42 del 1997 che ha ritenuto non applicabile il disposto dell’art. 3, comma 2-bis, del decreto-legge 23/10/1996, n. 543 introdotto in sede di conversione dalla legge 20/12/1996, n. 639, ai giudizi in corso alla data di entrata in vigore della disposizione stessa. Per questa consulenza l’Ente ha sopportato l’ulteriore spesa di lire 6.120.000 (euro 3.160,71); con determinazione n. 560 del 10/05/2001 la dirigente BIONDI aumentava l’impegno di spesa per i giudizi davanti alla Corte dei conti, di ulteriori lire 4.344.096, imputando la somma sull’intervento 1073 cap.24 “Prestazioni professionali”. Per i giudizi davanti alla Corte dei conti l’ente ha sostenuto una spesa di lire 313.736.538, pari a euro 162.031,39. Con i mandati 4210/2000- 4529/2001- 4532/2001- 4533/2001- 4535/2001 venivano pagate le fatture emesse dagli studi legali Giampaolo, Carullo Antonio, Giovanni Motzo, Studio Legale Associato Fazio, Francia, Roncuzzi, Serafini, Solazzi; per i procedimenti penali che interessavano Parisi Sonia, sindaco pro-tempore, e Bittoni Ezio, assessore comunale, entrambi rinviati a giudizio in qualità di componenti del consiglio di amministrazione di Agripolis, il Consiglio comunale con deliberazione n. 72 del 25/11/2003 riconosceva un debito fuori bilancio di euro 99.637,96 a copertura delle spese legali per la difesa dei due amministratori. Con il mandato n. 1205/2004 l’amministrazione comunale ha provveduto al pagamento degli avvocati Trombetti e Oliva. Complessivamente per la difesa di vari amministratori nei giudizi dinanzi alla Corte dei conti, e di due amministratori nei procedimenti penali, l’Ente ha sostenuto una spesa complessiva di euro 301.923,99. L’assicurazione ha rimborsato solo la somma complessiva di euro 93.523,25.

2.1. – Al termine dell’istruttoria la Procura ha notificato un invito a dedurre a tutti i presunti responsabili con il quale veniva contestato: il danno relativo al pagamento delle spese legali per i giudizi davanti alla Corte dei conti, pari a euro 65.508,14, nei confronti del sindaco BACCHIOCCHI e dei componenti della giunta IOTTI, BAIETTI, BALLOTTA RENATO, BOSELLI, FRONTINI e SCARPONI che votarono la deliberazione della Giunta comunale n. 1351/1995, nonché al funzionario SACCHETTI ed al segretario comunale MONTEFUSCO che espressero parere favorevole in ordine alla regolarità tecnica ed alla legittimità della deliberazione n. 1351/1995, e della dirigente BIONDI, cui è stato contestato anche il danno di euro 3.160,71 per il parere legale richiesto sull’applicabilità alla fattispecie del principio enunciato nella sentenza delle Sezioni riunite della Corte dei conti; il danno relativo al rimborso spese legali di euro 99.637,96 pagato a seguito del riconoscimento di debito di cui alla deliberazione del Consiglio comunale n. 72 del 2003, nei confronti del sindaco BACCHIOCCHI, dei consiglieri comunali MAGAROLI, LABANTI, PASQUI, ROSATO, ARIATTI, CRINI, CALABRI, SOVERINI, MARCACCIO, GOVONI, BOVINA, FENATI, RIGHI, MINARELLI, SANGIORGI, LUNGARELLA, SCHIAVINA, MAURIZZI e D’ALESSANDRO in qualità di consiglieri comunali che parteciparono con voto favorevole all’approvazione della deliberazione del Consiglio comunale n. 72/2003, nonché della dirigente DELLI che espresse parere di regolarità tecnica sulla deliberazione stessa; il danno relativo al rimborso spese di euro 37.093,92 pagato a seguito del riconoscimento di debito di cui alla deliberazione del Consiglio comunale n. 41 del 27 giugno 2006 nei confronti dei consiglieri comunali BALLOTTA, CONTI, FUSAI, MELOTTI, DI SALVO, MENGOLI, CAVALLARO, NOACCO, MACCIANTELLI, MINARELLI, SANGIORGI, LUNGARELLA, SCHIAVINA, MAURIZZI e D’ALESSANDRO in qualità di consiglieri comunali che parteciparono con voto favorevole all’approvazione della deliberazione n. 41/2006 e della dirigente DELLI che espresse parere di regolarità tecnica sulla deliberazione stessa.

2.2. – Tutti gli invitati hanno presentato controdeduzioni ed uno solo di essi (NOACCO) ha chiesto di essere ascoltato personalmente.

Nelle controdeduzioni degli amministratori, del funzionario e del segretario comunale che hanno approvato o espresso pareri sulla deliberazione di giunta n. 1351/1995, è stato affermato che la stessa deliberazione non fosse produttiva di danno in quanto la stessa deliberazione si limitò a prevedere l’anticipazione della somma di lire 10.000.000 ai legali incaricati della difesa degli amministratori indagati dalla Corte dei conti.

Tale tesi è stata ritenuta condivisibile dalla Procura nonostante la ritenuta illegittimità della deliberazione che pone a carico dell’ente la difesa degli amministratori presunti responsabili di danni arrecati all’ente amministrato, essendo palese il conflitto di interessi fra ente e amministratori e l’illegittimità dell’assicurazione, con spesa a carico dell’ente, per la copertura della responsabilità amministrativa degli amministratori. Infatti, ha affermato la Procura, l’assicurazione ha pagato parte delle spese per un importo superiore a quanto anticipato dall’ente, con la conseguenza che la responsabilità per il rimborso delle spese per il giudizio contabile per la parte eccedente le spese rimborsate dall’assicurazione è, secondo la Procura, imputabile solo alla dott.ssa BIONDI.

Non altrettanto condivisibili sono state dalla Procura ritenute le argomentazioni (prescrizione e assenza di colpa grave) prospettate da tutti i soggetti invitati per escludere la loro responsabilità.

2.3. – Rileva la Procura che i procedimenti penali e contabili che hanno dato luogo al pagamento delle spese legali contestate ai convenuti traggono origine dai ripiani, avvenuti nel 1987 e nel 1989, delle perdite di esercizio della società Agripolis, impresa costituita nel 1982 nella forma di S.p.A. con prevalente capitale pubblico per la progettazione e realizzazione di un impianto di compostaggio di rifiuti solidi urbani e per la commercializzazione del compost prodotto dall’impresa. Agripolis era una società mista dove il 51% delle azioni erano detenute dalla Provincia di Bologna, dal Comune di Bologna e da altri Comuni della Provincia ed il 49% da un socio privato il quale nel 1987 lasciava la società senza provvedere al ripiano delle perdite per la parte di sua competenza, mentre le società controllate e/o collegate al socio privato rimanevano creditori della società di ingenti somme per la progettazione, costruzione, gestione e manutenzione dell’impianto di compostaggio che erano stati loro affidati senza una gara ed un confronto concorrenziale.

A causa di errori e di carenze nella progettazione e nell’esecuzione dei lavori, l’impianto non è mai stato efficiente e al momento in cui fu effettuato il primo ripiano delle perdite (1987) l’impianto stesso era fermo a causa di un incendio, e non sarà più riaperto; esso era privo dell’autorizzazione allo smaltimento dei rifiuti, essendo già scaduta la proroga dell’autorizzazione provvisoria concessa dalla Regione; il compost prodotto non poteva dunque essere commercializzato per esplicito divieto della Regione e quando venne commercializzato in violazione del divieto risultò non idoneo all’uso e dannoso.

Tali fatti hanno determinato l’apertura di vari procedimenti penali nei confronti degli amministratori degli enti locali e della società Agripolis e l’avvio dell’azione di responsabilità amministrativa nei confronti degli amministratori della Provincia di Bologna e di tutti i Comuni che avevano partecipazioni nella società che avevano deliberato i ripiani delle perdite.

2.4. – Nel merito la Procura osserva, in relazione al danno conseguente al pagamento delle spese legali per il giudizio contabile, che l’art. 3, comma 2-bis, del d.l. 23 ottobre 1996, n. 543, introdotto in sede di conversione dalla legge 20 dicembre 1996, n. 639, dispone che "In caso di definitivo proscioglimento ai sensi di quanto previsto dal comma 1 dell’articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, come modificato dal comma 1 del presente articolo, le spese legali sostenute dai soggetti sottoposti al giudizio della Corte dei conti sono rimborsate dall’amministrazione di appartenenza”.

In proposito la Procura ha ricordato che la disposizione citata può trovare applicazione, secondo la giurisprudenza (Corte dei conti SS.RR. n. 42/2007, Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 3987/2000, Corte di Cassazione, Sez. Lavoro, n. 15054/2007) solo per i giudizi di responsabilità contabile iniziati dopo l’entrata in vigore della legge 639 del 20 dicembre 1996.

Sicché, prosegue la Procura, il rimborso delle spese legali nella fattispecie non era possibile in quanto il giudizio era iniziato prima di tale data con atto di citazione depositato il 30 settembre 1996. Il rimborso, aggiunge la Procura, era poi escluso dal dispositivo della sentenza di appello (Sez. 2^, n. 327/99/A) che ha disposto la compensazione delle spese di giudizio di entrambi i gradi sussistendo “alcuni elementi di incertezza insiti nella problematica affrontata”, formula che esclude il diritto dei convenuti ad ottenere dall’amministrazione il rimborso delle spese sostenute per la propria difesa in giudizio. La Corte di cassazione (SS.UU. n. 17014/2003) ha riconosciuto il potere della Corte dei conti di compensare le spese in caso di assoluzione, affermando che “l’ampliamento della decisione alle spese [...] attiene al merito della controversia e non esorbita dai limiti esterni della giurisdizione della Corte dei conti”. Quanto al concetto di spese, in mancanza di specifiche disposizioni riguardanti i giudizi davanti alla Corte dei conti, la Procura ritiene debba farsi riferimento alle disposizioni del codice di procedura civile per il richiamo ad esse fatto dall’art. 26 del r.d. 1038 del 1933. Il codice di procedura civile, art.90 e segg. (nel testo vigente al momento in cui è stata emessa la sentenza), non operava alcuna distinzione fra spese di giustizia e spese legali, ma parlava solo di “onere delle spese”, termine in cui rientravano sia gli oneri economici direttamente connessi al funzionamento della giustizia, sia le spese legali, intese come onorari di difesa. Secondo la Procura, la compensazione delle spese di entrambi i gradi di giudizio disposta dal giudice d’appello, con specifica adeguata motivazione, considerando che la parte pubblica non può essere condannata alle spese, ha senso solo con riferimento alle spese sostenute per la difesa in giudizio, spese che come precisato dalla citata sentenza del giudice della giurisdizione, n. 17014/2003, possono ben essere compensate dal giudice contabile.

Passando alla confutazione delle altre argomentazioni difensive della dott.ssa BIONDI, unica responsabile per tale partita di danno, la Procura ritiene non fondata l’eccezione di prescrizione, perché il danno è stato dolosamente occultato e casualmente scoperto nel corso dell’istruttoria. L’assenza di norme che consentissero il rimborso delle spese legali e l’esistenza di una polizza assicurativa per la tutela legale degli amministratori impediva che le spese stesse potessero essere imputate a capitoli di bilancio esistenti, quali quelli utilizzati (intervento 1073, Cap. 24 “Prestazioni professionali” e intervento 1078, cap. 40/0 “oneri straordinari per legali patrocinatori”), ma imponevano il ricorso allo strumento del riconoscimento di debito fuori bilancio da effettuarsi mediante deliberazione del Consiglio comunale cui spettava valutare la legittimità dei pagamenti e l’esistenza delle condizioni che consentissero il rimborso e rendessero palese all’amministrazione l’eventuale danno derivante dall’illecito pagamento.

In relazione all’eccezione formulata dalla dott.ssa BIONDI circa l’assenza di dolo o colpa nella sua condotta per il fatto che prima del pagamento ha richiesto un parere legale sulla legittimità del rimborso, pur conoscendo la sentenza n. 47/1997 delle SS. RR. della Corte dei conti che aveva precisato che la disposizione sul rimborso delle spese legali non poteva trovare applicazione per i giudizi iniziati prima dell’entrata in vigore della disposizione stessa, la Procura osserva che “si possono richiedere pareri legali per l’interpretazione di una norma nuova su cui non sia intervenuta l’interpretazione del giudice deputato a comporre eventuali contrasti giurisprudenziali fra le diverse sezioni giudicanti della Corte dei conti e a pronunciarsi su questioni di massima”. Ebbene, secondo la Procura, la dott.ssa Biondi sulla base della sentenza a lei ben nota aveva il dovere di negare il rimborso delle spese. Gli interessati avrebbero ben potuto ricorrere contro il diniego di rimborso al giudice competente prospettando una diversa interpretazione che, se ritenuta fondata, poteva anche essere accolta; ma nulla in tal caso si sarebbe potuto imputare alla dott.ssa BIONDI. La dott.ssa BIONDI era invece ben consapevole che il pagamento la esponeva, qualora il danno fosse stato scoperto (e non era facile scoprirlo), all’azione di responsabilità amministrativa e che la Sezione giurisdizionale della Corte dei conti avrebbe certamente seguito l’interpretazione data dalle Sezioni Riunite della stessa Corte. Sicché, secondo la Procura, la richiesta di parere aveva il solo scopo di giustificare in qualche modo (a spese dell’amministrazione) l’operato della dott.ssa BIONDI, qualora il danno fosse stato scoperto come si evince anche dal fatto che la richiesta ha trascurato l’aspetto della compensazione delle spese disposta nella sentenza di appello.

La Procura ha concluso che dette circostanze “indicano che il comportamento tenuto dalla dott.ssa BIONDI nel pagamento delle spese legali, avvenuto con le modalità indicate prima e non attraverso un riconoscimento di debito, è stato caratterizzato da dolo”.

Anche il rimborso delle spese al consigliere PASINI appare, secondo la Procura, illecito in quanto il giudizio in cui lo stesso è stato parte è iniziato prima dell’entrata in vigore della norma che consentisse il rimborso. Conclusivamente, secondo la Procura, alla dott.ssa BIONDI deve essere addebitato il danno di complessivi euro 71.664,85, di cui euro 3.160,71 per il parere legale, oltre a interessi e rivalutazione monetaria.

2.5. – In relazione poi al danno conseguente al pagamento delle spese legali sostenute dagli amministratori coinvolti in procedimenti penali, la Procura osserva che, in proposito, non esiste una disposizione che obblighi il Comune a tenere indenni gli amministratori delle spese processuali sostenute in procedimenti penali concernenti imputazioni oggettivamente connesse all’espletamento del mandato. Tuttavia la possibilità del rimborso è stata talvolta ammessa dalla giurisprudenza applicando in via analogica la disposizione che consente il rimborso ai dipendenti dell’ente o le norme sul mandato, a condizione che ricorrano i seguenti presupposti: il compimento di atti o fatti direttamente connessi all’espletamento del mandato; l’assenza di conflitto d’interesse con l’ente; l’assenza di colpa nella condotta dell’amministratore, presupposto che viene meno nei casi di assoluzione per prescrizione o amnistia e nel caso in cui il fatto non è punibile perché non più previsto dalla legge come reato.

Rileva la Procura che il rimborso delle spese legali agli amministratori postula un attento esame dell’esistenza delle condizioni richieste dalla giurisprudenza da parte dell’organo competente a decidere di porre la relativa spesa a carico dell’ente.

Orbene, osserva la Procura, nelle premesse degli atti di riconoscimento di debito del 2003 e del 2006 viene “richiamato il CCNL del personale del Comparto delle Regioni e delle Autonomie Locali in data 14.09.2000 che stabilisce all’art. 28 (Patrocinio Legale) che l’Ente, anche a tutela dei propri diritti ed interessi, ove si verifichi l’apertura di un procedimento di responsabilità civile o penale nei confronti di un suo dipendente per fatti o atti direttamente connessi all’espletamento del servizio e all’adempimento dei compiti d’ufficio, assumerà a proprio carico, a condizione che non sussista conflitto di interessi, ogni onere di difesa sin dall’apertura del procedimento”.

A questo punto la Procura osserva che nonostante il richiamo della norma contrattuale nessuna verifica è stata fatta sulla sussistenza delle condizioni richieste dalla norma richiamata nelle fattispecie che hanno determinato il rimborso delle spese. Il sindaco PARISI è stato rinviato a giudizio con diversi capi d’imputazione: - capo a) punto 8) della richiesta di rinvio a giudizio (pag. 14): quale consigliere del Comune di San Lazzaro di Savena e, in violazione dell’art. 290, II comma, r. d. n. 148 del 1915 e art. 3 della l. n. 154 del 1981, quale componente del C. di A. di Agripolis, abusava del suo ufficio “perché, dopo aver persistito nell’omettere (in violazione dell’art. 2487 c.c.) di far valere in forza del contratto 15/7/1983, la responsabilità di COSIMEC (poi Eco Bancatecnologica), di Edilter e Manutencoop per gli acclarati difetti di progettazione, costruzione e gestione dell’impianto della società amministrata, inducevano in errore, anche avvalendosi della loro elevata influenza politica, molti degli amministratori degli enti interessati attraverso il raggiro di far credere che la società Agripolis avesse ancora una capacità operativa nel settore dello smaltimento e del riciclaggio dei rifiuti quando all’opposto aveva già manifestato gravi lacune tecnologiche e gestionali per l’espletamento del servizio pubblico assegnatole al punto che l’impianto era fermo dal 1987 anche a causa dell’incendio sviluppatosi all’interno di uno dei bireattori, era priva dell’autorizzazione regionale definitiva per l’esercizio dell’impianto, così da far stanziare [...] un versamento complessivo di lire 2.656.400.000 a titolo di ripiano delle perdite sofferte dalla società”; - capo a) n. 9) della richiesta di rinvio a giudizio (pag. 18): “quale componente del Consiglio di amministrazione di Agripolis s.r.l. perché pur essendo consapevole della grave situazione di crisi tecnologica ed economica in cui versava Agripolis s.r.l., adottava personalmente e/o concorreva a far adottare dagli enti rappresentati una serie di decisioni, tra di loro tutte collegate con le quali facevano incrementare l’intervento della Provincia di Bologna e dell’AMIU nella società Agripolis”; - capo b) della richiesta di rinvio a giudizio (pag 23): “perché, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso poste in essere al fine di permettere l’esecuzione e l’occultamento dei fatti sub a) punti 8) e 9) quali componenti del Consiglio di Amministrazione di Agripolis s.r.l. omettevano di convocare senza indugio, pur ricorrendo i presupposti di cui agli artt. 2446 2447 c. c. l’assemblea dei soci, secondo le seguenti modalità: amministrando una società che negli anni 1990, 1991 e 1992 accusava un deficit patrimoniale che superava un terzo del capitale sociale in quanto lo stesso era di lire 20.000.000, non provvedevano, in seno alle riunioni del consiglio di Amministrazione convocate dal 4 marzo al 16 aprile 1993, alla convocazione, senza indugio, dell’assemblea dei soci per la copertura di tali perdite e la ricostituzione del capitale sociale ovvero per lo scioglimento della società”. Le persone offese venivano identificate nei sindaci pro tempore dei Comuni partecipanti al capitale di Agripolis, fra cui quello di San Lazzaro di Savena, nel presidente pro tempore della Provincia di Bologna e nel presidente pro tempore di SEABO. Il consigliere Bittoni è stato rinviato a giudizio con diversi capi d’imputazione: - capo a), punto l) (pag. 7): “per aver sostenuto e votato le delibere del consiglio comunale di costituzione di Agripolis S.p.A., consapevole dei reali accordi intercorrenti tra i componenti della Giunta Provinciale e Giannino Ferrari” - capo a), punto 3) (pag. 9): “quale rappresentante delegato del Comune di San Lazzaro di S.”, dopo aver contribuito a deliberare nel Consiglio di amministrazione del 3/5/1984 l’aumento di capitale sociale di Agripolis abusava del suo ufficio “inducendo in errore, anche avvalendosi della sua influenza politica, molti degli amministratori degli enti interessati attraverso il raggiro di far credere che la scelta del socio privato fosse stata fatta in modo oculato”; - capo a), punto 6) (pag. 11): “quale consigliere del Comune di San Lazzaro di Savena e, in violazione dell’art. 290, secondo comma, r. d. n. 148 del 1915 e art. 3 della l. n. 154 del 1981, quale componente del Consiglio di amministrazione di Agripolis induceva in errore molti degli amministratori degli enti interessati attraverso il raggiro di far credere che la società Agripolis avesse ancora una capacità operativa”. - capo a), punto 8) (pag. 14): “quale assessore del Comune di San Lazzaro di Savena e, in violazione dell’art. 290, secondo comma, r. d. n. 148 del 1915 e art. 3 della l. n. 154 del 1981, quale componente del Consiglio di amministrazione di Agripolis”, abusava del suo ufficio perché, dopo aver persistito nell’omettere (in violazione dell’art. 2487 c.c.) di far valere in forza del contratto, in forza del contratto 15/7/1983, la responsabilità di COSIMEC (poi Eco Bancatecnologica), di Edilter e Manutencoop per gli acclarati difetti di progettazione, costruzione e gestione dell’impianto della società amministrata, inducevano in errore, anche avvalendosi della loro elevata influenza politica, molti degli amministratori degli enti interessati attraverso il raggiro di far credere che la società Agripolis avesse ancora una capacità operativa nel settore dello smaltimento e del riciclaggio dei rifiuti quando all’opposto aveva già manifestato gravi lacune tecnologiche e gestionali per l’espletamento del servizio pubblico assegnatole al punto che l’impianto era fermo dal 1987 anche a causa dell’incendio sviluppatosi all’interno di uno dei bireattori, era priva dell’autorizzazione regionale definitiva per l’esercizio dell’impianto, così da far stanziare un versamento complessivo di lire 2.656.400.000 a titolo di ripiano delle perdite sofferte dalla società.

Tanto premesso, la Procura rileva che il sindaco PARISI è stato assolto per le imputazioni di cui al capo a), punti 8) e 9) perché il fatto non sussiste, mentre per l’imputazione di cui al capo b) è stata pronunciata l’assoluzione perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato.

Per quanto riguarda il consigliere BITTONI per l’imputazione di cui al capo a) n. 1) è stata disposta l’archiviazione per prescrizione del reato (sentenza del GIP 21/9/98, confermata dalla Corte d’Appello con sent. n. 2790/2000); per quella di cui al n. 3) è stato disposta l’archiviazione perché il fatto non sussiste (Sentenza del GIP 21/9/98, confermata dalla Corte d’Appello con sent. n. 2790/2000); per quelle di cui ai nn. 6 e 8, la Corte d’Appello con sent. n. 2790/2000 conferma la sentenza del GIP 21/9/98, che aveva disposto il non luogo a procedere perché il fatto non sussiste.

Il fatto dunque che il sindaco PARISI e il consigliere BITTONI non siano stati alla fine condannati non consentiva, secondo la Procura, il rimborso delle spese legali: non era possibile il rimborso per il reato dichiarato prescritto e per il fatto non più previsto dalla legge come reato e non era possibile il rimborso delle spese per i fatti dichiarati non sussistenti in quanto i fatti contestati al sindaco PARISI e al Consigliere BITTONI sono stati commessi in qualità di componenti del Consiglio di Amministrazione di Agripolis e non si tratta di fatti “direttamente connessi all’espletamento del servizio”.

Infatti, secondo la Procura, l’incarico di consigliere di amministrazione di una qualsiasi società a partecipazione pubblica viene svolto nell’interesse esclusivo della società, a prescindere dall’ente e dalle modalità di nomina, tenuto conto che la società è un soggetto giuridico distinto dai singoli soci. Inoltre, le disposizioni del codice civile prevedono al riguardo che gli amministratori della società nominati dall’ente pubblico hanno gli stessi diritti e gli stessi doveri degli altri amministratori nominati dall’assemblea e la loro posizione si differenzia solo per il fatto di poter essere revocati solo dagli enti che li hanno nominati. Che i fatti commissivi od omissivi compiuti in qualità di consigliere di amministrazione della società siano estranei all’esercizio del mandato elettivo, aggiunge la Procura, “è confermato dalla incompatibilità, da sempre prevista, dall’ordinamento dello svolgimento delle funzioni di amministratore dell’ente locale e di amministratore di una società partecipata dallo stesso ente. L’incompatibilità è prevista dall’art. 290, secondo comma, del regio decreto n. 148 del 1915 e dall’art. 3 della legge n. 154 del 1981 e confermata dall’art. 26 della legge n. 81 del 1993 e, successivamente, dal decreto legislativo n. 267 del 2000 (art. 63) e tende a scongiurare il conflitto di interessi insito nella doppia carica (in giurisprudenza, Cass. Civ. Sez. I, n. 5216/2001 e la vasta giurisprudenza ivi richiamata; Sez. I, n. 18128/2002)”. D’altro canto, prosegue la Procura, l’esistenza di un grave conflitto d’interessi e l’incompatibilità, prevista dalla legge, fra la carica di amministratore comunale e quella di consigliere di amministrazione della società partecipata Agripolis sono costantemente ribaditi nella richiesta di rinvio a giudizio e sono stati confermati anche dalla sentenza della Corte di cassazione, Sez. VI penale, n. 1635 (rectius n. 30302) del 28 maggio 2002 sul ricorso del Procuratore della Repubblica presso la Corte d’appello di Bologna avverso la sentenza del 26 ottobre 2000, della Corte d’appello di Bologna che afferma che “molti degli imputati violarono gli artt. 290, secondo comma, del r.d. 148/1915 e 3 della legge 154 del 1981 che fanno divieto ai consiglieri dei Comuni della Provincia (di Bologna) di far parte del Consiglio di amministrazione di società commerciali con partecipazione maggioritaria del capitale di enti territoriali”, ma che il palese conflitto di interessi non è sufficiente a configurare l’esistenza del reato di cui all’art. 323 c. p., concludendo che “il malgoverno della cosa pubblica, per altro non trova esclusiva tutela nel controllo penalistico, ma ben può essere arginato attraverso meccanismi diversi sul piano del sindacato amministrativo e/o contabile”. L’esistenza del conflitto d’interessi e la mancanza di diretta connessione con il mandato di amministratore comunale delle funzioni di componente del Consiglio di amministrazione di Agripolis, non sono stati presi in alcuna considerazione né dai consiglieri comunali che approvarono le deliberazioni del 2003 e del 2006 con cui si riconoscevano debiti fuori bilancio per il rimborso delle spese legali di cui trattasi, né dalla dirigente DELLI che ha espresso parere tecnico favorevole alle due deliberazioni, violando dolosamente, o quanto meno con colpa gravissima, con coscienza e volontà, i loro obblighi di servizio che imponevano di verificare l’esistenza delle condizioni richieste dalle norme e dalla giurisprudenza per poter procedere al rimborso delle spese legali.

La Procura evidenzia che notevoli perplessità suscita il parere richiesto dalla dirigente DELLI all’avvocatura della Provincia. Il parere afferma apoditticamente l’inesistenza di un conflitto di interessi, che invece, come detto prima, sussiste formula delle considerazioni non suffragate da citazioni giurisprudenziali, rimettendo peraltro al richiedente il parere l’onere di “adeguata motivazione” che doveva necessariamente vertere sull’assenza di conflitto di interessi, motivazione che nell’atto di riconoscimento manca del tutto. Tale parere, ad avviso della Procura, è stato richiesto solo al fine di precostituire una giustificazione in caso di avvio dell’azione di responsabilità da parte della procura contabile. I consiglieri che hanno adottato la deliberazione di riconoscimento di debito fuori bilancio n. 72/2003 hanno eccepito la prescrizione. L’eccezione è infondata perché anche in questo caso il danno è stato dolosamente occultato. La deliberazione n. 72/2003 non è stata mai inviata alla procura della Corte dei conti come prescrive l’art. 23, comma 5, della legge 289 del 2002, entrata in vigore il 1° gennaio 2003. L’affermazione della dirigente DELLI di avere inviato la deliberazione alla Sezione autonomie della Corte dei conti in quanto l’atto era assoggettato a controllo ai sensi della disposizione testé citata, conferma la volontà di non inviare l’atto alla Procura regionale e di occultare il danno stante la non equivoca disposizione della legge 289 del 2002 che dispone la trasmissione degli atti di riconoscimento di debito agli organi di controllo e alla Procura regionale della Corte dei conti.

3. – Con memoria depositata in data 30 dicembre 2010, l’avv. Fabio Dani, in difesa dei signori Claudio SCHIAVINA, Raffaele LUNGARELLA, Omer MAURIZZI, Nino MAGAROLI, Valerio MINARELLI, Angelo LABANTI, Michele PASQUI, Edda ROSATO, Silvano CRINI, Maria Luisa CALABRI, Angela SOVERINI, Marco MARCACCIO, Luca GOVONI, Luca BOVINA, Claudio FENATI, Nerio RIGHI, Patrizia MELOTTI, Antonietta DI SALVO, Giuliano MENGOLI, Michele CAVALLARO, Elisa SANGIORGI, chiede il rigetto della domanda attrice e, in via subordinata, la riduzione dell’addebito.

In via preliminare, la difesa dei convenuti eccepisce, ai sensi dell’art. 17, comma 30-ter, della legge 3 agosto 2009,n. 102, la nullità dell’azione di responsabilità nella specie esercitata non sussistendo in origine “una specifica e precisa notizia di danno”.

In ordine al danno ascritto in quanto derivante dall’emanazione della deliberazione n. 72/2003, viene fatta valere l’eccezione di prescrizione, dato che, ad avviso dei convenuti, non si ritiene provata l’ipotesi dell’occultamento doloso considerato che l’atto fu comunque comunicato alla Corte dei conti sia pure alla Sezione del controllo e non direttamente alla Procura.

Quanto all’elemento soggettivo concernente l’ipotesi di danno ritenuto derivante dalla deliberazione n. 41/2006, la difesa evidenzia che nella specie i convenuti acquisirono quattro pareri legali nel senso della legittimità del provvedimento adottato.

4. – Con memoria depositata in data 7 gennaio 2001, l’avv. Nazzarena Zorzella, in difesa della dott.ssa Giulietta BELLI, eccepisce in via preliminare la nullità dell’azione di responsabilità nella specie esercitata non sussistendo in origine “una specifica e precisa notizia di danno”.

In subordine, quanto all’ipotesi di danno asseritamente derivante dalla deliberazione n. 72/2003, la convenuta eccepisce l’intervenuta prescrizione, ritenendo non sussistente nella specie l’ipotesi dell’occultamento doloso.

Nel merito, si richiede l’assoluzione per insussistenza dei presupposti, in fatto e in diritto, per la declaratoria della responsabilità contabile della convenuta, con esclusione, comunque, in caso di condanna, del vincolo della solidarietà.

In particolare, si sottolinea l’acquisizione da parte della convenuta di specifici pareri legali circa la legittimità della delibera contestata, con conseguente esclusione dell’elemento soggettivo della colpa grave.

In ogni caso, aggiunge l’avv. Zorzella, non sussisterebbe nella specie la presenza dell’ipotesi di conflitto di interessi che costituisce uno dei requisiti individuati dalla Procura per ritenere l’illegittimità di provvedimenti di rimborso a carico del Comune di spese giudiziali in caso di proscioglimento in sede penale.

5. – Con memoria depositata in data 7 gennaio 2011, l’avv. Federico Gualandi, a difesa della sig.ra Alessandra BIONDI eccepisce l’intervenuta prescrizione di qualsiasi forma di responsabilità ascritta alla convenuta per fatti posti in essere nel 2000 e nel 2001 e nel merito il rigetto della domanda attrice poiché non fondata in quanto carente sotto i profili oggettivo e soggettivo. In via subordinata si chiede l’esercizio del potere riduttivo.

La difesa evidenzia che nella specie non si verserebbe, comunque, in ipotesi di “riconoscimento di debiti fuori bilancio” stante la tassativa elencazione prevista dall’art. 194 del d.lgs. n. 267 del 2000.

La difesa della convenuta ritiene inoltre che non possa ritenersi sussistente l’ipotesi del c.d. occultamento doloso, tenuto conto dell’affissione della delibera contestata all’Albo pretorio e la sua trasmissione al Co.re.co. Né la convenuta ha sottratto alcuna prerogativa all’Organo consiliare, al quale ha rappresentato compiutamente la vicenda del contestato rimborso delle spese giudiziali.

Circa la legittimità del rimborso, l’avv. Gualandi si sofferma sulla distinzione tra spese giudiziali o processuali e quelle legali, evidenziando che le spese che il giudice contabile poteva compensare nel 1999 erano le sole spese giudiziali e non quelle legali, che il legislatore aveva inteso sottrarre alla decisione del giudice, dettando una disciplina ad hoc. Conseguentemente, nella specie, la decisione di dichiarare compensate le spese del giudizio assunta con la sentenza n. 345/A del 7 ottobre 2002, non poteva risultare idonea ad escludere il diritto al rimborso delle diverse spese legali.

Quanto poi agli effetti della disposizione di legge richiamata dalla Procura (art. 3, comma 2-bis, del d.l. n. 453 del 1996, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 639 del 1996), la difesa della convenuta sostiene che essa non può avere effetti che per l’avvenire e non può retroagire a momenti anteriori all’evento generativo del beneficio, asseritamente spettante nella specie dato che i fatti che hanno dato luogo alla pronuncia del giudice contabile risalgono a prima dell’entrata in vigore della legge citata che disciplina il regime del rimborso.

Circa l’insussistenza nella specie dell’elemento soggettivo della colpa grave si eccepisce l’avvenuta acquisizione da parte della convenuta del parere del prof. avv. Franco Matroagostino che rappresentò la legittimità e la doverosità di tali pagamenti.

6. – Con memoria depositata in data 27 dicembre 2010, gli avv. Giuseppe e Mariachiara Giampaolo, in difesa del sig. Aldo BACCHIOCCHI hanno chiesto di respingere la domanda attrice in quanto prescritta,giacché quanto alla delibera n. 72/2003, i mandati di pagamento risalgono al 26 febbraio 2004 e soltanto in data 20 ottobre 2009, trascorsi cinque anni, il convenuto BACCHIOCCHI ha ricevuto l’invito a dedurre, in assenza di qualsivoglia “doloso occultamento”; di respingere la domanda in quanto nascente da atti istruttori e/o processuali posti in essere in violazione del divieto di cui alla legge 3 agosto 2009, n. 102, all’art. 17, comma 30-ter, in mancanza di poteri istruttori autonomi della Procura contabile, finalizzati all’accertamento delle condizioni per l’esercizio dell’azione di responsabilità; di respingere la domanda attrice per avere il Procuratore richiesto una proroga al di fuori dei casi in cui essa era ammissibile e depositato l’atto di citazione oltre il termine perentorio di 120 giorni, da ritenersi inderogabile, anche ai sensi e per gli effetti del giusto processo ex art. 111 Cost., nel caso in cui la proroga venga negata, eventualmente rimettendo gli atti alla Corte costituzionale laddove se ne rilevi la necessità; respingere nel merito la domanda in quanto la delibera assunta fu del tutto lecita e dunque mancando ogni danno e comunque in assenza di colpa grave in capo al convenuto.

In via preliminare, la difesa del convenuto eccepisce, ai sensi dell’art. 17, comma 30-ter, della legge 3 agosto 2009, n. 102, la nullità dell’azione di responsabilità nella specie esercitata non sussistendo in origine “una specifica e precisa notizia di danno”.

Nel merito, a sostegno della richiesta di rigetto della domanda attrice per intervenuta prescrizione dell’azione di danno in relazione alla delibera n. 72/2003 e ai conseguenti atti di spesa, la difesa evidenzia che, nella specie, non possa parlarsi di occultamento doloso non essendo stata provata la sussistenza di una condotta volta a prevenire il disvelamento di un danno ancora in fieri oppure a nascondere un danno ormai prodotto.

Per quanto, specificamente, riguarda la citata imputazione di cui al capo b, n. 1), ascritta al sindaco Parisi, relativa all’assoluzione perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato e all’imputazione di cui al capo a), n. 1, per prescrizione del reato, la difesa eccepisce comunque che non possa parlarsi di conflitto di interessi, in quanto “la situazione di incompatibilità in cui si trovavano i componenti del Consiglio di amministrazione di Agripolis che rivestivano la doppia carica non poteva avere alcuna influenza sulle autonome decisioni degli amministratori comunali che costituiscono lo sviluppo coerente di altre precedenti delibere”.

La difesa ritiene poi che nella specie non possa ritenersi sussistente l’elemento soggettivo della colpa grave.

Da ultimo la difesa del BACCHIOCCHI eccepisce la insussistenza dei presupposti per una eventuale condanna del convenuto con il vincolo della solidarietà.

7. – Con quattro distinte memorie depositate in data 5 gennaio 2011, l’avv. Franco Oliva, in difesa di Roberta BALLOTTA, Marco MANCINELLI, Isabella CONTI e Corrado FUSAI, chiede, in via preliminare, la declaratoria di nullità della citazione per indeterminatezza della domanda e conseguentemente l’inammissibilità delle domande attoree. Nel merito si chiede il rigetto della pretesa risarcitoria azionata e comunque il rigetto dell’obbligo solidale.

In particolare, la difesa dei convenuti sostiene l’insussistenza tanto dell’elemento oggettivo quanto di quello soggettivo.

8. – Con memoria depositata in data 10 dicembre 2010, l’avv. Silva Gotti, in difesa del dott. Andrea D’ALESSANDRO, chiede il rigetto della domanda attorea, in quanto, in via preliminare, l’azione di responsabilità connessa alla delibera n. 72/2003, sarebbe ormai prescritta. Inoltre, nel merito, i rimborsi sarebbe stati disposti a giusto titolo in quanto i fatti contestati al convenuto sia pure in veste di componente del Consiglio di amministrazione di Agripolis debbono ritenersi connessi con ilmandato di consigliere comunale.

9. – Con memoria depositata in data 7 gennaio 2011, l’avv. Gabriele Baschieri, in difesa dell’ing. Gabriele ARIATTI, eccepisce, con riferimento alla ipotesi di danno riconducibile alla delibera comunale n. 72/2003, l’intervenuta prescrizione, dato che nella specie non sarebbe stata provata la sussistenza del preteso occultamento doloso.

10. – Il Presidente, in apertura dell’udienza pubblica, ha chiesto alle parti convenute per l’odierna udienza la conferma della proposizione dell’eccezione di nullità. Alla risposta positiva ha sospeso la pubblica udienza e ha riunito il Collegio in camera di consiglio ove, alla presenza delle sole parti, ha discusso l’eccezione medesima.

Al termine della camera di consiglio, riaperta l’udienza pubblica, è stata data lettura del dispositivo dell’ordinanza verbale di rigetto dell’eccezione medesima, le cui motivazioni sono esplicitate in sentenza.

Considerato in diritto

1. – Come evidenziato in narrativa, la Procura regionale presso la Sezione giurisdizionale per l’Emilia-Romagna, con atto n. G.42532 del 9 giugno 2010, ha citato in giudizio i convenuti come sopra specificati per sentirli condannare, a titolo di responsabilità amministrativa.

In particolare, la Procura chiede la condanna, in parti uguali, al risarcimento del danno, arrecato con la deliberazione n. 72/2003 di riconoscimento di debito fuori bilancio pari a euro 99.637,96, oltre a interessi e rivalutazione monetaria, a carico del sindaco BACCHIOCCHI, dei consiglieri comunali MAGAROLI, LABANTI, PASQUI, ROSATO, ARIATTI, CRINI, CALABRI, SOVERINI, MARCACCIO, GOVONI, BOVINA, FENATI, RIGHI, MINARELLI, SANGIORGI, LUNGARELLA, SCHIAVINA, MAURIZZI e D’ALESSANDRO in qualità di consiglieri comunali che parteciparono con voto favorevole all’approvazione della citata deliberazione del Consiglio comunale n. 72/2003, nonché della dirigente DELLI che ebbe ad esprimere parere di regolarità tecnica sulla deliberazione stessa.

La Procura chiede inoltre la condanna, in parti uguali, al risarcimento del danno, arrecato con la deliberazione n. 41/2006 di riconoscimento di debito fuori bilancio pari a euro 37.093,32, oltre a interessi e rivalutazione monetaria, a carico dei consiglieri comunali BALLOTTA, CONTI, FUSAI, MELOTTI, DI SALVO, MENGOLI, CAVALLARO, NOACCO, MACCIANTELLI, MINARELLI, SANGIORGI, LUNGARELLA, SCHIAVINA, MAURIZZI e D’ALESSANDRO, in qualità di consiglieri comunali che parteciparono con voto favorevole all’approvazione della deliberazione n. 41/2006 e alla dirigente DELLI che ha espresso parere di regolarità tecnica sulla deliberazione stessa.

Conclusivamente la Procura richiede il risarcimento del danno, oltre agli interessi e rivalutazione, di euro 71.664,85 alla dirigente BIONDI, di euro 7.062,99 alla dirigente DELLI (che espresse parere di regolarità tecnica per entrambe le delibere citate), di euro 4.744,66 al sindaco BACCHIOCCHI, ai consiglieri MAGAROLI, LABANTI, PASQUI, ROSATO, ARIATTI, CRINI, CALABRI, SOVERINI, MARCACCIO, GOVONI, BOVINA, FENATI, RIGHI e di euro 7.062,99 ai consiglieri MINARELLI, SANGIORGI, LUNGARELLA, SCHIAVINA, MAURIZZI e D’ALESSANDRO (che parteciparono alla votazione di entrambe le delibere citate).

2. – In via preliminare, la difesa dei convenuti ha eccepito la nullità dell’atto di citazione per violazione e falsa applicazione dell’articolo 17, comma 30-ter, del decreto-legge n. 78 del 2009, convertito in legge n. 102 del 2009, in quanto alcuna notizia o informazione concreta e specifica di danno è risultata indicata come assunta da parte del Procuratore in alcuna sede, tant’è che la stessa Procura afferma che “il danno è stato dolosamente occultato e casualmente scoperto nel corso dell’istruttoria”. La casualità della scoperta del danno, così come riferita dalla Procura medesima, secondo la difesa, non fa altro che dare prova inconfutabile dell’assenza di qualsiasi previa notizia di danno, dato che la stessa Procura ha dato conferma che del “danno” ne è venuta a conoscenza solo nel corso dell’istruttoria, con ciò certificando anche la assenza della priorità temporale della notizia di danno rispetto all’avvio dell’istruttoria medesima.

2.1. – L’eccezione di nullità dell’atto di citazione deve essere disattesa.

Occorre ricordare che il comma 30-ter dell’art. 17 del decreto-legge 1 luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, come modificato dal decreto-legge 3 agosto 2009, n. 103, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 ottobre 2009, n. 141, prevede che: “Le procure della Corte dei conti possono iniziare l’attività istruttoria ai fini dell’esercizio dell’azione di danno erariale a fronte di specifica e concreta notizia di danno, fatte salve le fattispecie direttamente sanzionate dalla legge. Qualunque atto istruttorio o processuale posto in essere in violazione delle disposizioni di cui al presente comma, salvo che sia stata già pronunciata sentenza anche non definitiva alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, è nullo e la relativa nullità può essere fatta valere in ogni momento, da chiunque vi abbia interesse, innanzi alla competente sezione giurisdizionale della Corte dei conti, che decide nel termine perentorio di trenta giorni dal deposito della richiesta”.

Tale norma postula, dunque, che l’avvio della istruttoria sia giustificato dalla notizia di un fatto, presumibilmente dannoso, specifica e concreta, ma non richiede certo che vengano effettuate dal denunciante considerazioni in ordine alla eventuale fondatezza dell’azione di danno o tantomeno che vengano fornite elaborazioni di carattere giuridico (Corte conti, Sez. giur. Emilia-Romagna, ord. n. 87 del 2010 e sent. n. 77 del 2011).

Rientra infatti nei poteri del Pubblico ministero contabile l’approfondimento delle questioni sottese alla vicenda, sotto il profilo probatorio e giuridico, preordinato all’emissione dell’atto di citazione (in ordine alla distinzione tra fase di “avvio dell’istruttoria” ed “istruttoria in senso proprio”, cfr. Corte conti, Sez. Giur. Umbria, ord. n. 19 del 2009).

Tanto premesso, occorre chiarire che il significato da attribuire all’espressione “specifica e concreta notizia di danno” deve muovere dalla considerazione che la ratio della norma è quella di evitare che le Procure presso la Corte dei conti possano compiere attività di sostanziale controllo della pubblica amministrazione, ponendo in essere indagini generalizzate sulla scorta di notizie estremamente labili ed incerte e dunque inidonee a dar conto della presumibile sussistenza di una determinata fattispecie di danno erariale (cfr. Sez. reg. Marche, ord. n. 72 del 2009).

Una tale voluntas, del resto, aveva già trovato appropriato riscontro in alcune pronunce della Corte costituzionale, nelle quali il Giudice delle leggi (sent. n. 337/2005) aveva affermato che non sussiste in capo alla Procura presso la Corte dei conti un potere di controllo generalizzato e permanente sulla pubblica amministrazione, cosicché gli atti istruttori che si distinguono per una genericità “soggettiva” ed “oggettiva” sono sintomatici di attribuzioni esercitate in modo eccedente rispetto ai confini tipizzati dall’ordinamento, sì da produrre una menomazione nella sfera presidiata dalle garanzie di autonomia, mentre rientrano nel potere di tale organo requirente richiedere atti singolarmente precisati e necessari all’accertamento di responsabilità in relazione all’eventuale produzione di danni erariali (Corte cost., sent. n. 100 del 1995).

Il legislatore, dunque, non soltanto ha tradotto normativamente il principio della Corte costituzionale, ma ha altresì dotato di specifica sanzione di nullità la sua violazione.

2.2. – Da quanto precede, ad avviso del Collegio, consegue che per potersi dare legittimo avvio all’attività istruttoria è necessario che essa tragga fondamento da notizie o denunce di danni erariali attinenti a fatti anche indiziari ma oggettivamente individuati, dai quali possa dedursi un’ipotesi di condotta illecita e di conseguente ingiusto pregiudizio per la pubblica amministrazione.

In sostanza, affinché la notizia contenga un fumus della sussistenza di un danno perseguibile, è necessario che essa si fondi su elementi circostanziati, attendibili e verosimili in misura tale da indirizzare le indagini in una precisa direzione e in un determinato ambito operativo.

In altri termini la specificità e concretezza devono essere intese nei limiti necessari a ritenere plausibile, con giudizio ex ante, l’avvio di una attività istruttoria da parte dell’organo requirente (Sez. reg. Umbria, ord. n. 19 del 2009) mentre i suddetti parametri, voluti dal legislatore del 2009, non implicano che la notizia di danno debba essere esaustiva di tutti gli elementi della responsabilità erariale perché, diversamente opinando, si rivelerebbe irragionevolmente superfluo l’esercizio della funzione del requirente (Sez. reg. Calabria, ord. n. 121 del 2009).

2.3. – Ebbene, nel caso di specie pare evidente la sussistenza del predetto fumus circa la sussistenza di un danno perseguibile ove si consideri che i contestati rimborsi da spese legali nascono tutti dall’unitaria fattispecie connessa alla vicenda Agripolis in cui erano coinvolti anche i convenuti amministratori del Comune di San Lazzaro di Savena: detti comportamenti, a ben vedere, si configurano quali manifestazioni di una medesima notizia di danno poiché avvinti da un inscindibile nesso genetico; sicché, seguendo tale prospettazione può qualificarsi “specifica e concreta notizia di danno” quella costituita da non consentiti rimborsi da spese legali derivanti dal contenzioso generato dalla vicenda Agripolis, divenendo poi irrilevante, ai fini della eccepita nullità della citazione l’esatta conoscenza dell’atomistico contributo dei singoli convenuti alla determinazione dell’unitaria fattispecie dannosa.

L’unicità della fattispecie costituita dai rimborsi per spese legali conseguenti alla vicenda Agripolis è dunque idonea a fondare la notizia di danno in questione su elementi circostanziati, attendibili e verosimili in misura tale da indirizzare le indagini in una precisa direzione e in un determinato ambito operativo e dunque in piena coerenza con il disposto di cui al citato comma 30-ter dell’art. 17 del decreto-legge 1 luglio 2009, n. 78.

3. – Deve poi essere respinta l’eccezione di legittimità costituzionale dell’art. 5, comma 1, del decreto-legge 15 novembre 1993, n. 453, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 gennaio 1994, n. 19, per asserita violazione dell’art. 111 Cost., nella parte in cui consente “che ogni volta che il Procuratore chiede una proroga e anche laddove non gli sia concessa, questi “automaticamente” guadagna comunque 45 giorni per l’emissione dell’atto di citazione”, dato che, nella specie, la proroga del termine di 120 giorni, inizialmente concessa con l’ordinanza n. 4/10/PRO del 14 aprile 2010, depositata in data 16 aprile 2010, è stata poi annullata con la sentenza n. 832/2010; e ciò nonostante la Procura ha potuto “automaticamente” dilatare i tempi di indagine, beneficiando di ulteriori quarantacinque giorni.

Infatti, con riferimento alla norma censurata, l’esercizio della discrezionalità del legislatore non può ritenersi manifestamente irragionevole, stante la plausibile idoneità del mezzo individuato dalla norma (proroga, comunque, di quarantacinque giorni del termine per emettere l’atto di citazione) rispetto al fine perseguito (svolgimento di una completa istruttoria per concludere nel senso di emettere l’atto di citazione ovvero di disporre l’archiviazione dell’azione di responsabilità amministrativa) nonché la proporzionalità tra l’interesse da tutelare e lo strumento prescelto, tenuto conto che la disciplina denunciata configura un convincente bilanciamento tra esigenze della Procura di completamento istruttorio e quelle del presunto responsabile a non trovarsi esposto in modo arbitrario e oltre misura alle indagini del pubblico ministero contabile.

4. – Passando all’esame dell’azione di responsabilità contestata, in parti uguali, a carico del sindaco BACCHIOCCHI, dei consiglieri comunali MAGAROLI, LABANTI, PASQUI, ROSATO, ARIATTI, CRINI, CALABRI, SOVERINI, MARCACCIO, GOVONI, BOVINA, FENATI, RIGHI, MINARELLI, SANGIORGI, LUNGARELLA, SCHIAVINA, MAURIZZI e D’ALESSANDRO in qualità di consiglieri comunali che parteciparono con voto favorevole all’approvazione della citata deliberazione del Consiglio comunale n. 72/2003 del 25 novembre 2003, di riconoscimento di debito fuori bilancio pari a euro 99.637,96, della dirigente DELLI che ebbe ad esprimere parere di regolarità tecnica sulla deliberazione stessa ai convenuti al risarcimento del danno, nonché della dott.ssa Alessandra BIONDI per complessivi euro 71.664,85, in relazione alle determinazioni n. 584 del 23 maggio 2000 e n. 1447 del 20 ottobre 2000 e agli atti di spesa n. 512/2001, n. 560 del 10 maggio 2001 e dei conseguenti mandati 4210/2000, 4529/2001, 4532/2001, 4533/2001 e 4535/2001, va accolta l’eccezione di intervenuta prescrizione quinquennale dell’azione di responsabilità, per decorso del termine di prescrizione quinquennale di cui all’art. 1, comma 2, della legge 14 gennaio 1994, n. 20.

4.1. – Infatti, i danni nella specie contestati, costituito da rimborsi asseritamente non dovuti per spese legali, risalgono a deliberazioni, determine e atti di spesa emessi negli anni 2000, 2001 e 2003 e 2004, con il che, risalendo l’atto di citazione alla data del 14 maggio 2010, il termine prescrizionale deve ritenersi oramai decorso.

4.2. – Né può trovare accoglimento la tesi sostenuta dalla Procura circa la configurabilità nella specie dell’occultamento doloso del danno, nozione che, oltre all’elemento soggettivo dell’intenzionalità della condotta, richiede anche una concreta attività finalizzata a rendere non rilevabile il danno cagionato, il che nella specie non è dato riscontrare.

Infatti, la asserita configurabilità dell’attività contestata quale fattispecie di occultamento doloso risulta smentita proprio dal fatto che le anzidette contestate determine risultano tutte essere state pubblicate mediante affissione all’Albo pretorio del Comune; sicché erano ampiamente note all’Amministrazione del Comune di San Lazzaro di Savena.

Tale risultanza in punto di fatto comporta che la decorrenza del termine – in applicazione del principio desumibile dall’art. 2941, n. 8, cod. civ. – è, appunto, oramai avvenuta, dato che detta decorrenza coincide, in base all’art. 1, comma 2, della legge n. 20 del 1994, con la data della “scoperta del fatto”, da parte non già del Procuratore regionale, bensì dell’amministrazione (Corte conti, Sez. I, n. 220/2002). Infatti, la “scoperta del danno”, ai sensi dell’art. 2935 cod. civ., deve essere riferita all’amministrazione danneggiata (e, quindi, creditrice), non al Procuratore regionale, il quale agisce non come rappresentante o mandatario del creditore, ma autonomamente, eventualmente anche contro la volontà dell’amministrazione, in nome dell’ordinamento; donde l’azione di iniziativa del Procuratore è assistita da mezzi e strumenti autonomi e tipici, non condizionabili da quelli propri di altri soggetti (quali il creditore).

A ben vedere, dunque, i convenuti sono incorsi in una serie di violazioni di regole giuridiche e contabili in astratto comunque rilevabili, ma che in concreto, ai fini del tempestivo esercizio dell’azione di responsabilità, non hanno avuto emersione.

5. – Si può ora passare ad esaminare la seconda richiesta di condanna dei convenuti a titolo di responsabilità amministrativa per il risarcimento del danno complessivo arrecato con la deliberazione n. 41/2006 di riconoscimento di debito fuori bilancio pari a euro 37.093,32, oltre a interessi e rivalutazione monetaria, a carico dei consiglieri comunali BALLOTTA, CONTI, FUSAI, MELOTTI, DI SALVO, MENGOLI, CAVALLARO, NOACCO, MACCIANTELLI, MINARELLI, SANGIORGI, LUNGARELLA, SCHIAVINA, MAURIZZI e D'ALESSANDRO, in qualità di consiglieri comunali che parteciparono con voto favorevole all’approvazione della deliberazione n. 41/2006 e alla dirigente DELLI che ha espresso parere di regolarità tecnica sulla deliberazione stessa.

5.1. – La domanda attrice non è fondata per l’assorbente ragione dell’insussistenza, nella specie, dell’elemento soggettivo della colpa grave, consistente nell’evidente trasgressione degli obblighi di servizio ovvero di regole di condotta che siano ex ante ravvisabili dal soggetto, concretizzandosi nell’inosservanza di quel minimo di diligenza richiesto ai pubblici dipendenti nel caso concreto.

Infatti, i convenuti, in occasione dell’emanazione della deliberazione n. 41 del 27 giugno 2006 e data la complessità sotto il profilo tecnico-giuridico della questione da risolvere, responsabilmente, acquisirono uno specifico parere legale dell’Avvocatura provinciale presso la Provincia di Bologna, rilasciato in data 6 febbraio 2006, il quale si espresse nel senso che la “fattispecie in esame rientri tra quelle che legittimano il rimborso delle spese legali”.

Sicché in base a tale evidenza non può ritenersi sussistente l’elemento soggettivo della colpa grave, quale forma di qualificazione della diligenza richiesta nella specie per l’approvazione delle spese a carico del Comune a titolo di rimborso per spese legali derivanti dal contenzioso Agripolis di ex amministratori del Comune di San Lazzaro, in quanto non si ravvisa una violazione delle regole di condotta sufficiente grave e manifesta.

6. – I convenuti, per quanto sopra esposto, debbono essere assolti dalla domanda accusatoria per mancanza del requisito della colpa grave, pur non potendo negarsi la sussistenza di un più lieve grado di colpa, rappresentando tale considerazione la grave ed eccezionale ragione che, ai sensi dell’art. 92 del codice di procedura civile così come novellato dal comma 11 dell’art. 45 della legge 18 giugno 2009, n. 69, legittima la compensazione delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Emilia Romagna, definitivamente pronunciando,

a) assolve la convenuta Alessandra BIONDI, con riferimento alla richiesta di condanna alla somma di euro euro 71.664,85 per il decorso del termine di prescrizione di cinque anni;

b) assolve i convenuti Aldo BACCHIOCCHI, in qualità di Sindaco, e Nino MAGAROLI, Angelo LABANTI, Michele PASQUI, Edda ROSATO, Gabriele ARIATTI, Silvano CRINI, M.Luisa CALABRI, Angela SOVERINI, Marco MARCACCIO, Luca GOVONI, Luca BOVINA, Claudio FENATI, Nerio RIGHI, Valerio MINARELLI, Elisa SANGIORGI, Raffaele LUNGARELLA, Claudio SCHIAVINA, Omer MAURIZZI e Andrea D'ALESSANDRO in qualità di consiglieri comunali che parteciparono con voto favorevole all'approvazione della citata deliberazione del Consiglio comunale n. 72/2003, nonché la sig.ra Giulietta DELLI in qualità di dirigente che ebbe ad esprimere parere di regolarità tecnica sulla deliberazione stessa per il decorso del termine di prescrizione di cinque anni;

c) assolve dalla domanda attrice per mancanza della colpa grave i signori Roberta BALLOTTA, Isabella CONTI, Corrado FUSAI, Patrizia MELOTTI, Antonietta DI SALVO, Giuliano MENGOLI, Michele CAVALLARO, Aldo NOACCO, Marco MACCIANTELLI, Valerio MINARELLI, Elisa SANGIORGI, Raffaele LUNGARELLA, Claudio SCHIAVINA, Omer MAURIZZI e Andrea D'ALESSANDRO, in qualità di consiglieri comunali che parteciparono con voto favorevole all'approvazione della deliberazione n. 41/2006 e la dirigente Giulietta DELLI che espresse parere di regolarità tecnica sulla deliberazione stessa.

Non luogo a provvedere per le spese del processo.

Manda alla Segreteria per gli adempimenti conseguenti.

Così deciso in Bologna, nella camera di consiglio del 26 gennaio 2011.

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE f.f.

Marco Pieroni Luigi Di Murro

f.to Marco Pieroni f.to Luigi Di Murro

Depositata in Segreteria il 27 maggio 2011

p. IL DIRIGENTE

f.to Nicoletta Natalucci